lunedì 18 novembre 2013

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I bambini annullano le barriere attraverso la poesia – Lorella Ronconi

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novembre 14, 2013
Molti pensano che solo attraverso il romanzo o la narrativa si possa “insegnare” o comunicare con i ragazzi e a far apprendere loro le basi della lingua italiana od il senso civico, o la formazione alla vita. Anch’io forse non pensavo, io stessa non avevo troppa fiducia della forza della poesia per un linguaggio “bambino”. Non avrei mai immaginato che entrare in una classe di quarta elementare, con la mia goffaggine su carrozzella e con tra le mani un libro di poesie potesse essere così meravigliosamente bello e appassionante per i ragazzi e per me stessa.
Le poesie spesso sono ermetiche, non esattamente semplici da comprendere, ma l’invito di alcune maestre, il loro modo sicuro e sincero mi convinsero a non essere maleducata e lasciarmi coinvolgere dal loro entusiasmo nell’andare nelle loro classi per “fare una lezione di poesia”.
Così quella mattina appena arrivata mi sono trovata tantissimi visini sorridenti e molto emozionati il mio timore fu immediatamente cancellato, sciolto, spazzato via da quel silenzio attento, penetrante e professionale di un gruppo di bambini che seguivano la mia lettura verso dopo verso e si animavano poesia dopo poesia di curiosa, gioiosa, corroborante voglia di sapere.
Quelli che nella mia convinzione sarebbero stati versi, metafore, incomprensibili erano stati per i bambini immaginari mondi da esplorare e da “sapere”.
Erano diventati per loro fantastici luoghi di cui solo le domande potevano animare e colorare.
Le domande sono così arrivate a valanghe, precise, intelligenti, inerenti, sincere, la disabilità nelle loro parole non suonava pietosa o “triste” o “lontana” ma semplicemente una parola: perché i bambini non sono condizionati ancora dalla vita, del mondo che li circonda, i bambini sono puri come i loro sguardi curiosi, verso una persona che vive in carrozzella.
Come vive una persona in carrozzella? Come fai ad alzarti la mattina? Chi ti prepara da mangiare? Perché non sei sposata? Come vorresti che fosse tuo figlio? Cosa provi quando non entri nei negozi? Dove ti piacerebbe andare a ballare?
Uno scroscio di domande incredibilmente belle, domande che avrei voluto tanto dagli adulti, domande adulte di bimbi che aspettavano ed esigevano, immediate risposte! Una sete di sapere senza barriere, il loro essere bambini era esattamente il modo perfetto che io sognavo di “essere, stare, pensare “ all’uguaglianza.
Per loro la diversità non era diversa, per loro la diversità era la differenza, per loro la differenza era il modo di trovare soluzioni per capire e porre rimedio.
Un bambino mi ha chiesto “Cosa posso fare per te? Cosa potrò fare da grande?” , è stato il momento più grande di tutto il mio andare per le scuole. Nelle superiori avevo sbagliato: era nelle scuole primarie che avrei dovuto cominciare per avere il cuore aperto alla speranza e per capire che anche un bambino può percepire l’emozione pura di cui è fatta una poesia.
Perché la poesia come i bambini non ha retaggi, non ha condizionamenti, i bambini come le poesie, sono emozioni libere e pure che nascono dal cuore.
Ringrazio con forza le maestre ed i bambini della quarta elementare di via Giotto per l’esempio che hanno dato a me e alla speranza in quella calda mattina di Giugno.
Grazie alle maestre: Raffaella Matrisciano, Rossana Lipparini, Alessandra Ciuti,
della quarta A e quarta D dell’ Istituto Comprensivo Grosseto quattro, della scuola primaria a tempo pieno di via Giotto.
Raffaella, la maestra dopo l’incontro mi scrive:
Cara Lorella, ti invio il lavoro che ho fatto in classe con i bambini. E’ stato un lavoro introduttivo che verrà sviluppato in maniera più approfondita il prossimo anno, dato che ormai eravamo alla fine dell’anno scolastico e non volevamo “svilire” il lavoro.
 Sono partita dicendo ai bimbi:

 Pensando a Lorella che “ruota”, ci rendiamo conto che camminare per noi è naturale, lo facciamo senza accorgercene e forse non riflettiamo abbastanza sul significato di questa azione. Allora, chiediamoci : ” Cosa vuol dire : camminare ? “

Le risposte dei bambini sono state queste :   

Essere  liberi;   accedere a qualsiasi luogo; non dipendere da nessuno; conoscere il mondo; poter sentire la sabbia sotto i piedi; sentirsi simili agli altri; socializzare; avere la possibilità di aiutare gli altri; non avere nessun limite; avere speranze e pensieri diversi; lasciare le proprie “orme ” , cioè sapere di avere un ruolo nella società; avere una visione più aperta del mondo; costruire il proprio futuro come si desidera;  avere obiettivi; avere più opportunità; godersi in modo diverso la vita …


 Come vedi hanno riflettuto abbastanza, anche se il breve tempo a disposizione non ha permesso un maggiore approfondimento.”

Centauri

Eccoci noi Centauri,
senza meta
a metà,
tra cielo e terra:
metà uomini,
metà carrozzella.
Corpi divisi,
immobili,
che ruotano per le strade della vita:
asfalti sconnessi dove le ruote sobbalzano,
tra buche e sguardi imbarazzati.
Per i Centauri non c’è posto nei pensieri:
porte strette, scale infinite,
mura invalicabili, coscienze negate.
Il tuo cuore è lassù, oltre quella rampa…
vorrei arrivarti!
Vorrei amarti!
Ma raggiungerti mi è impossibile,
Il tuo cuore ostacolo inaccessibile…
barriera insormontabile.
I Centauri fanno strani sogni la notte,
quando il dolore li corteggia
non temono la sofferenza,
il loro corpo,
acciaio infuocato,
straziato dai colpi,
si piega docile, cercando nuova forma.
Eccoci noi Centauri:
corpi fragili,
bruchi che muoiono,
sognando,
una farfalla,
che si alza…
e vola…!

Lorella Ronconi

martedì 1 ottobre 2013

LEI DISABILE E LUI NO: SCANDALO! PERCHE' "SIAMO ANCORA OTTURATI DI MENTE?"

LEI DISABILE E LUI NO: SCANDALO! PERCHE' "SIAMO ANCORA OTTURATI DI MENTE?"
Affettività e sessualità delle donne disabili: ne parliamo con Lorella Ronconi 

La prima volta che ho visto Lorella, i suoi occhi azzurri mi hanno trasmesso, insieme, accoglienza e forza.  Ebbene, non temo di esagerare dicendo che Lorella è una forza della natura, una veramente "ganza", si direbbe dalle sue parti. Lei, toscana, classe sessantadue, è affetta da grave pseudoacondroplasia poliepifisaria dall'età di 2 anni, e in carrozzina dal 1991, ma questi potrebbero essere dettagli.

La sua biografia snocciola cariche ed esperienze (Presidente di un'associazione che si occupa di barriere architettoniche, Membro fondatore della "Fondazione il Sole  Onlus";  Membro della consulta ASL; Commissario Commissione Pari Opportunità della Provincia di Grosseto). Tra quelle di cui va più orgogliosa, quella a Cavaliere della Repubblica Italiana per i suoi numerosi impegni e progetti dedicati al superamento delle barriere architettoniche e cultrali. 

L'arte ha un grande spazio nella sua vita: poesia in primis, ma anche, di recente, fotografia. Ma sono le sue parole - quelle trasmesse attraverso i social network, i libri, i giornali -  le vere lance, armi caricate a dolcezza e forza, con le quali Lorella colpisce, a volte anche duro. Lo ha fatto anche di recente, su Facebook,  tornando sull'argomento della sessualità e affettività delle persone disabili, in particolare donne. 

"Noi otturati di mente":  parte in quarta Lorella, che nelle parole è, sempre, un concentrato di sensualità e crudezza.  E così continua: "Anche se si comincia a parlare di sessualità e affettività per le persone diversamente abili, difficilmente nell'immaginario collettivo, appare la figura della donna, della ragazza disabile, che è corteggiata da un uomo normodotato. Se si parla di sesso subito è l'immagine di un uomo in carrozzella che ci appare nei pensieri.  Siamo "otturati" di mente. Facciamo esercizi, allarghiamo le nostre limitate potenzialità epensiamo a persone più invisibili come le donne, che per retaggi culturali e stereotipi devono essere gli angeli senza sesso, le creature eternamente bambine, e, se si azzardano a chiedere o a sognare amore, diventano da "frenare" perchè "poco serie" o inadatte ad un uomo per via delle loro incapacità a stagli accanto "come una donna normale". Qualcuno tra quelli che mi hanno detto che "tanto non avrei mai potuto essere per un uomo come una donna normale" si sarà mai chiesto "chi è (e cosa fa) una donna normale"?

Sono partita da qui, e ho sentito Lorella: voglio approfondire la questione. 

Lorella, sollevi una questione che ha in comune la radice - tutta italica - di una scarsissima abitudine a vedere, dunque considerare "normalità",  coppie "lui giovane-lei meno giovane" o "lui bello-lei bruttina". Tu vai oltre, e dici: perché non si parla mai di una donna disabile con un uomo non disabile? Tu che sei una acuta osservatrice, perché la cosa ci stupisce tanto? Cosa disturba di questo? 
Io trovo che dalla preistoria si continua a pensare ed agire come se la donna fosse ancora la persona "predisposta" a cucinare, avere cura di… essere padrona, ma solo  della casa, dell'accudimento dei figli, gli uomini invece a cacciare, per il cibo, a cacciare per riprodursi: donna innamorata, sì, amante no; uomo innamorato no, amante sì. Uno stereotipo classista che è rimasto integro nel tempo! Nel "regno" della disabilità(anche se  non sopporto troppo dividere per classi) non si fa differenza, la donna rimane la parte fragile, debole, da curare e "oscurare" da sguardi  indiscreti (da tenere nella caverna) le stesse famiglie "tramandano" il tradizionale, ancestrale : donna fragile, uomo forte.
Mi disturba moltissimo, io stessa lo vivo, da 51 anni, sulla pelle: sentirmi invisibile persino nei discorsi su affettività  fatti tra  "esperti in materia", mass media o disabili stessi: il lo stereotipo, il retaggio che vuole la persona disabile "asessuata" porta in se la cellula classista! se si deve parlare di sesso per le persone disabili nell'immaginario appare una figura maschile, nei film, nelle foto dei giornali sull'argomento appare un uomo in carrozzella, un disabile psichico di sesso maschile: facci caso, cerca sul web le foto di una donna disabile in carrozella affiancando la parola sessualità…  io stessa sulla mia pagina, per fare album su donne disabili e l'amore , ho dovuto cercare  su siti stranieri: Spagna, Usa, Francia, Norvegia…
Le statistiche affermano che sono più gli uomini disabili quelli senza "amore" rispetto alle donne ma io sono convintissima che sbagliano: alle donne non viene chiesto se hanno desiderio sessuale o desiderio di amore di uomo/donna  o meno, e spesso sono le donne stesse che non parlano pensando di essere "donne poco serie" se raccontano dei loro desideri sessuali.

Che responsabilità hanno i  media, a tuo avviso, nella costruzione dell'immagine della donna disabile e della disabilità in generale? E cosa potremmo fare per cambiare le cose?
I media, come dicevo prima hanno l'imprinting della società italiana in cui viviamo: la famiglia tradizionale italiana=quella della preistoria. I ruoli, per i nostri media, non si sono evoluti . La cosa pazzesca è che gli stessi web marketing internazionali (per l'Italia ) "confezionano spot" che calcano i retaggi passati. Per cambiare bisogna parlarne, già lo stiamo facendo noi due adesso: stiamo riflettendo io e te… e già il nostro modo di pensare sta crescendo, no? 

Recente è la notizia di una agenzia di modelle che apre anche a modelli disabili. Può essere questa una strada per cambiare la percezione della disabilità? Quanto pensi sia ancora lunga la strada per un cambiamento reale?  
Si, è interessante questo, molto, basta che tutto ciò che si apre al mondo della disabilità non venga fatto per sfruttare la disabilità stessa, che non venga spettacolarizzata per far cassa, ma se questo porta ad una integrazione e attenta è una grande crescita!

Con Lorella ci siamo spinte a parlare anche di molto altro: di affettività, assistenza sessuale, costruzione dell'immagine femminile della donna disabile, e ci siamo promesse che riprenderemo l'argomento, qui, presto. Intanto Lorella ci teneva a riprendere un testo che, sospetto, conosce quasia memoria: la Convenzione Onu sui diritti delle persone diversamente abili. In particolare l'Articolo 23: 

Rispetto del domicilio e della famiglia
1. Gli Stati Parti adottano misure efficaci ed adeguate ad eliminare le discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità in tutto ciò che attiene al matrimonio, alla famiglia, alla paternità e alle relazioni personali, su base di uguaglianza con gli altri, in modo da garantire che: 

(a) sia riconosciuto il diritto di ogni persona con disabilità, che sia in età per contrarre matrimonio, di sposarsi e fondare una famiglia sulla base del pieno e libero consenso dei contraenti;

(b) sia riconosciuto il diritto delle persone con disabilità di decidere liberamente e responsabilmente riguardo al numero dei figli e all'intervallo tra le nascite e di avere accesso in modo appropriato secondo l'età, alle informazioni in materia di procreazione e pianificazione familiare, e siano forniti i mezzi necessari ad esercitare tali diritti;

(c) le persone con disabilità, inclusi i minori, conservino la loro fertilità su base di uguaglianza con gli altri.

venerdì 26 luglio 2013

Io sono come

Io sono come

Ich bin wie taub
Und frage Dich: Was ist eine Melodie?
Du kannst es mir vorzeigen:
Das hat keinen Sinn, ich höre keine Musik.

Ich bin wie blind
Und frage Dich: Was ist ein Sonnenuntergang.
Du kannst davon sprechen:
Das hat keinen Sinn, ich sehe keine Farben.

Ich frage Dich jetzt, wie ein Kuss schmeckt,
Du kannst mich auch küssen:
Das hat keinen Sinn
Du
Du liebst mich nicht.

 Poesia di Lorella Ronconi
Traduzione: Nino Muzzi

sabato 6 luglio 2013

Autori Di Versi: Notte

Autori Di Versi: Notte:   Notte, ti aspetto d’insonnia, che notte stanotte, verrai? Notte vampira, che sogni berrai per compierti in me? Notte sirena, quali cant...

giovedì 24 gennaio 2013



Di Lorella Beretta



Lolly, you can call me Lolly: it’s easier. Di solito segue spiegazione, che anche in Italia non è facile che si ricordino esattamente il mio nome, figuriamoci qui in Sudafrica. Allora c’è chi la prende come una sfida e s’impunta per chiamarmi col mio nome d’anagrafe, Lorella, pur con quell’intonazione anglofona che ha un suo perché. Raramente cedono a Lolly. Spesso però ogni tanto scatta la storpiatura in Loretta oppure, come i più piccoli dei figli di amici che da lontano richiamano la mia attenzione su di sé con un arrotolatissimo crescendo: Rrrrrrrrrella!
Anche in Italia, d’altronde, è sempre stato così, passando per Ornella o Antonella o perfino nomi che non avevano un minimo di assonanza. Per non dire del tormentone che fa richiamava alla ben più nota Cuccarini o delle simpaticissime sciarade con il patronimico: LorettaBerella, Berella, Bretella.

In Italia sono stata anche Lollo, o Lollina. Indimenticabile.

Attorno a questa condanna legata a un nome piuttosto raro è nato su Facebook quasi due anni fa Lorelliamoci, un gruppo che detto così suona oggettivamente strano e che è diventato ad oggi un luogo di ritrovo di ben 587 Lorelle.

Siamo come le Barbie: ce n’è una per ogni occasione.

C’è la Lorella appena diventata nonna e quella triste e spaventata per la separazione; c’è la Lorella che lancia un sos in bottiglia giusto per sfogare la paura maledetta per la grave malattia del fidanzato e ci sono una sessantina di Lorella che le rispondono. Che non la lasciano sola. C’è la Lorella un po’ vamp e quella più casalinga (non farò mai i cognomi, ovviamente…) quella che perde il lavoro e si sfoga con le altre e quella che pure a una “certa età” torna sui banchi di scuola e si diploma all’alberghiero a pieni voti.
E’ diventata pian piano una vera e propria comunità, più che un gruppo da social network. Si parla di uomini, di figli, di lavoro, di sogni, di posti belli da vedere e cose belle da fare, d’amore e di sofferenza, di felicità e disperazione e tanta voglia di andare avanti. Di speranza.

Da quaggiù le seguo mentre si incontrano ora a Grosseto e ora a Torino, poi Liguria, Emilia – chiamandosi per cognome come a scuola, ché sennò come ci si riconosce – con l’idea di programmare magari un ritrovo nazionale. Le foto dicono di incontri carichi di energia che si passa di Lorella in Lorella. Siamo arrivate addirittura all’autocelebrazione con il nome sul portachiavi sciantoso con Betty Boop in posa classica.

La mente e l’anima di tutto questo, è una donna bella quanto forte, quanto ironica, fantasiosa, piena di vita. Tosta. Lorella – la Ronconi – ha iniziato a far girare l’invito a questo gruppo quasi per scherzo, mentre da laggiù, da Grosseto, combatte su una sedia a rotelle per “l’integrazione sociale delle persone diversamente abili”: il virgolettato è ricavato dal sito della Fondazione Il Sole di cui è membro fondatore.
C’è una casa famiglia, a Il Sole, c’è il centro sociale, le attività sportive e da settembre aprirà anche un pastificio, e ci sono battaglie che vanno al di là delle disabilità. La Ronconi fa politica, quella vera. La parola chiave è Felicità: non solo la sua (fatemi fare un po’ di antipolitica). Adesso che lì è estate la Ronconi adora abbrustolirsi in spiaggia, una conquista per tutti. Anche se non demorde nella battaglia per l’abrogazione parziale delle indennità parlamentari.

Una delle sue citazioni preferite dice che “Il carattere di un uomo si riconosce in ciò che lo diverte”.

Allora tanta Felicità a lei, che da poco ha compiuto 50 anni e ha un viso luminoso e fresco come nessun chirurgo plastico avrebbe potuto fare (vero Ronconi che non è l’effetto del bisturi?). 
E ovviamente anche alle altre che spero di raggiungere per il primo Festival nazionale… Lorelliamoci e partyamo. 

lunedì 14 gennaio 2013

martedì 1 gennaio 2013

Quel 26 Maggio che pensavo di non raggiungere mai...


 2012.05.26 - TIRRENO - Buon compleanno, Lorella E cento di queste battaglie

Ronconi compie 50 anni e stasera alla Fondazione Il Sole festeggia a modo suo Un party per raccogliere fondi e ristrutturare il pastificio dove lavorano disabili
di Francesca Ferri
GROSSETO Mezzo secolo in trincea per battersi contro la discriminazione delle persone diversamente abili e, finalmente, una serie di vittorie inanellate l’una dopo l’altra. Lorella Ronconi, presidente del Comitato per l’accesso, compie oggi 50 anni e festeggia alla grande mezzo secolo di vita e di impegno per abbattere barriere fisiche e culturali. Lo farà stasera con una festa a invito alla Fondazione Il Sole di viale Uranio. «Qui perché, a differenza di dieci anni fa, ora la Fondazione c’è», spiega la diretta interessata. «E ci saranno le stesse persone della volta scorsa, quando festeggiammo i miei quarant’anni, più tutte quelle che si sono aggiunte nel frattempo».

Anni intensi, per certi versi insperati, «con questa “malattiona” che ho, e le operazioni, tanto che quando arrivai a 40 anni mi sembrava di essere arrivata lontana», spiega Lorella, che soffre di una malattia che da molti anni la costringe sulla sedia a rotelle. Anni in cui è nata l’idea “scandalosa” di una casa famiglia per disabili, tirata su con idee e sforzi inenarrabili alla ricerca di fondi a cui Lorella si è dedicata senza sosta e fra mille difficoltà. «Cominciai dieci anni fa con questa festa di compleanno per lanciare il comitato promotore per la raccolta di fondi per l’associazione», spiega Lorella ripercorrendo le tappe della nascita della Fondazione Il Sole e della casa famiglia di viale Uranio.
«Eravamo quattordici, si dovevano raccogliere 50mila euro in due anni – spiega Ronconi - e alla festa raccogliemmo 1200 euro. La Fondazione poi ha spiccato il volo, nel 2005 abbiamo posto la prima pietra e il 12 maggio la casa famiglia ha festeggiato due anni». Lorella si è spesa in prima persona, insieme al Comitato per l’accesso, che ha convinto il Comune a demolire fette di marciapiedi per costruire scivoli per le carrozzine e recentemente la Curia a realizzare la rampa per entrare nel duomo. Quindi la battaglia per il riconoscimento del diritto alla sessualità dei disabili, il libro di poesie che la casa editrice Zanichelli ha selezionato per un’antologia per la scuola media.
Fino al progetto “Mani in pasta” per trasformare i ragazzi disabili in artigiani della pasta fresca e imprenditori, aprendo un laboratorio che sforna gnocchi, tortelli e sfoglia. «Per questo progetto la fondazione si fa cooperativa di tipo B – spiega Ronconi – e apre in via della Pace, angolo con via Pasubio. Stiamo ristrutturando, ci sono da fare i pavimenti, da comprare le macchine impastatrici». Il progetto è fondamentale per questi ragazzi che, seguiti da due professionisti in pensione, troveranno un’occupazione che li mette a contatto col pubblico e svolgeranno un’attività manuale che, per certi versi, è terapeutica. E d’altro canto sfameranno la città, non solo di manicaretti ma anche di solidarietà. «Vorremmo aprire - spiega Ronconi – tra luglio e settembre». Perciò la festa di compleanno si trasformerà, anche questa volta, in un’occasione per raccogliere fondi. La festa è su invito ma chiunque può aiutare il progetto. Basta versare il 5 per mille, nella dichiarazione dei redditi, alla Fondazione Il Sole, codice fiscale 92053600539.